Il presente webinar si inserisce all’interno di un percorso di formazione promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia nell’ambito del Progetto di “Supporto per lo sviluppo dei Centri per la Famiglia e il coordinamento di interventi in materia di servizi di protezione e inclusione sociale per nuclei familiari multiproblematici e/o persone particolarmente svantaggiate”, attuativo del Programma Operativo Nazionale “Inclusione 2014 – 2020” . Questa sezione è in particolare stata realizzata per accompagnare funzionari ed operatori dei Centri per la Famiglia (Cpf), alla gestione dell’emergenza sanitaria e sociale scaturita dall’epidemia Covid-19 che ha investito il nostro Paese. Il webinar nello specifico intende pertanto indagare quali siano state le principali problematiche legate alla gestione dello Smart Working nella P.A., descrivendo la situazione attuale, la normativa di riferimento e la cultura organizzativa e digitale nel contesto pubblico.
In tema di smart working, permane un grande equivoco. Si è attuato un modello totalizzante, che non si può definire Smart ma, piuttosto, “Home Working”. L’esperienza da Marzo (2020) ad oggi, è stata una risposta immediata all’emergenza, disorganizzata, con più svantaggi che vantaggi.
Torneremo indietro o si è aperta una nuova opportunità?
Il webinar vuole esplorare le leve strategiche e organizzative necessarie per la costruzione di modelli di lavoro agile contestualizzati, efficaci e sostenibili.
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Webinar
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Approfondimento
SMART WORKING:POSSIAMO PERMETTERCI DI NON APPLICARLO?
Da diversi anni si annuncia il collasso del sistema economico e sociale nel XXI secolo, causato da crisi di diversa natura: cambiamento climatico, migrazioni, instabilità dei mercati, virus incontenibili e altri eventi ai quali dobbiamo prepararci.
Il Coronavirus rappresenta uno di questi scenari predetti, al quale abbiamo risposto in maniera disorganizzata, cercato di salvare il salvabile, soprattutto nel lavoro.
Nel dubbio che il virus si estingua o si ripresenti, stiamo attuando un faticoso ritorno alla realtà precedente, lamentandoci delle cose che non funzionano e degli aiuti che non arrivano. Non siamo ancora riusciti a sfruttare i recenti eventi per farne un volano evolutivo.
Continuiamo a rimuovere le cause del problema: la scelta di un sistema economico e sociale non più sostenibile. La sfida è complessa perché occorre una metamorfosi profonda, che sappia capovolgere i privilegi in svantaggi ed incentivare il cambiamento.
Lo Smart Working rappresenta un’opportunità per le imprese?
Dei 23 milioni di lavoratori attuali, circa 14milioni potrebbero effettuare il lavoro agile eppure, a Ottobre 2019, il numero di smart worker era pari a 570mila unità[1].
In particolare, le iniziative di transizione hanno coinvolto:
– il 58% delle grandi aziende
– il 12% delle PMI
– il 16% delle Pubbliche Amministrazioni.
In queste realtà organizzative il passaggio si è verificato tramite:
– un programma strutturato riguardante strumenti digitali, innovazioni organizzative e formazione mirata.
– un modello misto che ha riguardato circa la metà dell’organico, per una media di 8 giorni al mese.
I progetti strutturati hanno portato molti benefici che l’Osservatorio ha puntualmente evidenziato[2]. Per fare un esempio, gli Smart Worker:
– sono molto più soddisfatti del proprio lavoro, 76%, rispetto al 55% degli altri lavoratori;
– sono più capaci di responsabilizzazione rispetto agli obiettivi aziendali, di flessibilità nell’organizzare le attività lavorative, di bilanciare l’uso delle tecnologie digitali con gli strumenti tradizionali di collaborazione. La cosiddetta “attitudine smart” varia dal 17% dei lavoratori tradizionali al 35% di quelli agili.
– conciliano meglio la loro vita provata con quella lavorativa come indicato dal 78% del campione.
I lavoratori Smart hanno benefici in termini di risparmi economici e di tempo legati agli spostamenti e possono organizzare più autonomamente il proprio lavoro. Questo aumento del benessere dei lavoratoti ricade sull’azienda in termini di motivazione, engagement dei dipendenti e produttività. Riduzione dei costi fissi e razionalizzazione degli spazi. Non solo, il lavoro agile è molto importante per la riduzione del traffico e dell’inquinamento.
In sostanza, lo Smart Working presenta solo dei vantaggi! Eppure da Marzo 2020 abbiamo assistito ad una situazione che sembra smentire questo dato, perché?
Una disorganizzata risposta all’emergenza
Nell’arco di un mese, l’emergenza Covid ha precipitosamente portato il numero di lavoratori agili a 8 milioni.
Quello che doveva essere un passaggio graduale e organizzato è diventato un salto nel buio per imprese e dipendenti. Questi hanno sperimentato un modello di telelavoro totalizzante che non possiamo definire Smart Working, ma Home Working.
Dai primi risultati dell’Home Working, raccolti tra clienti e colleghi, emerge un quadro variegato, rappresentato da lavoratori per lo più stanchi di operare senza limiti di tempo e senza obiettivi definiti. Alcuni manager si dichiarano spaesati e in assenza di strumenti di controllo per poter effettuare una valutazione della produttività, completamente influenzata dallo shock economico in corso. Gli strumenti informatici sono risultati spesso inappropriati producendo un senso d’inadeguatezza anche nei lavoratori. La conciliazione con la vita privata in alcuni casi è stata fallimentare a causa della chiusura delle scuole e dell’impossibilità di uscire di casa. Un problema che ha gravato in particolar modo sulle lavoratrici e sulle famiglie mono genitoriali.
Un circolo vizioso di misure approssimative. In molti casi: un flop!
Nella fase due molte aziende hanno richiamato i propri lavoratori in ufficio. Alcune volte sono gli stessi home worker a voler tornare nelle aziende perché la disorganizzazione complessiva impone un ritorno ai precedenti equilibri.
Ci sono anche dei casi di virtuosismo, di lavoratori e organizzazioni che hanno saputo adeguarsi e sfruttare la quarantena in forma generativa. Al momento sembrano una minoranza, ciò è forse l’effetto di una comunicazione mediatica che incoraggia una narrazione della realtà selettiva e peggiorativa.
A fornire un primo resoconto è il report della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Tempo di bilanci per lo smart working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse”, realizzato a partire dai dati Istat:
“Dall’1,2% di occupati in modalità agile nel pre- pandemia si è passati all’8,8% nei mesi di lockdown. Quota che attualmente si attesta al 5,3%”
I dati ci dicono che il 40% dei lavoratori smart è tornato in ufficio, numeri confermati dalla circolazione di auto nelle grandi città. Nelle grandi metropoli la situazione del traffico è molto simile a quella pre–covid, riducendo i notevoli vantaggi in termini di inquinamento, tempo, stress e denaro destinato agli spostamenti. Un risparmio che si potrebbe allocare in altre attività e consumi così da aumentare il benessere individuale e collettivo. Tra l’altro, per scongiurare il contagio, molte persone prediligono il mezzo privato a discapito di quello pubblico, vanificando i miglioramenti ambientali fin qui raggiunti.
Anziché sfruttare la situazione per fare un balzo in avanti, stiamo cercando affannosamente di tornare indietro. Cosa sta succedendo?
Il grande equivoco
L’esperienza realizzata fino ad ora non ha nulla a che vedere con la transizione graduale, programmata e mista che permette allo Smart Working di manifestare i tanti suoi benefici.
Pertanto non può né deve essere ad essa assimilata, nemmeno nominalmente! Nell’ultimo periodo siamo stati confinati in una quarantena che ci ha isolato dal mondo esterno e abbiamo sperimentato un Home Working disorganizzato e totalizzante, che fortunatamente ci ha permesso di sopravvivere.
E’ importante sottolineare l’enorme differenza tra i due sistemi lavorativi. Il primo è strutturato e programmato, il secondo è un rimedio tempestivo per superare un’emergenza alla quale eravamo impreparati.
Lo Smart Working può produrre dei vantaggi a cui non dobbiamo rinunciare per almeno tre motivi.
Il primo è di carattere organizzativo. Le aziende che vi aderiscono hanno riportato miglioramenti produttivi e innovazioni organizzative, che le altre per pigrizia si sono lasciate sfuggire. L’emergenza sanitaria ha dato una spinta al cambiamento da non perdere.
Il secondo di carattere economico. Dobbiamo prepararci ad una crisi economica profonda come conseguenza del lockdown. Lo Smart Working è un risparmio di cui lavoratori e aziende hanno bisogno in questo momento di crollo.
Il terzo è di carattere evolutivo. Ci sono previsioni chiare e affidabili che ci spiegano perché questo è solo uno degli eventi catastrofici che investiranno il nostro pianeta. Non c’è più tempo, dobbiamo cambiare rotta non solo per le future generazioni ad essere a rischio, ma anche per la nostra!
E’ urgente predisporre strumenti capaci di diminuire gli impatti negativi previsti riformando il mondo del lavoro. Occorre accompagnare le imprese proponendo percorsi di riorganizzazione aziendale che sappiano sfruttare i rimbalzi dell’economia per rinnovare la produttività.
Urge formulare un nuovo patto sociale, specifico per ogni sistema, che rappresenti un concreto passo in avanti nella cultura organizzativa e spiegare che le resistenze sono maggiormente motivate dalle paure che dai problemi, contrapponendoci ad esse con una comunicazione empatica, ma determinata, che sappia mostrare nella sostenibilità il sentiero della crescita. Ci sono opportunità per tutti, anche per le Pubbliche amministrazioni, inclusa la scuola.
E’ necessario sfatare gli equivoci e mostrare l’Home Working per quello che è stato: un modello temporaneo e posticcio, che ha dato diversi problemi. Soprattutto specificare che il lavoro agile non deve essere al 100% delle ore lavorative per dirsi vantaggioso. Questa credenza preoccupa molto aziende e lavoratori, generando ulteriori resistenze.
In questa ottica lo Smart Working merita di essere presentato come un progetto inserito in un percorso di crescita sostenibile. Creato attraverso una strategia chiara di breve, medio e lungo periodo. La sostenibilità non è solo quella ecologica, ma anche quella temporale. Se le aziende non imparano a prevedere gli scenari a lungo termine, anticipare gli andamenti di mercato e comprendere le dinamiche di consumo, non esiste supporto statale che possa determinare una vita duratura.
Smart working: la risposta pianificata di cui abbiamo bisogno
Occorre costruire dei modelli pianificati sulle specificità delle imprese, che sappiano rispondere alle molte variabili del sistema complesso di equilibri che fino ad oggi ha generato il funzionamento aziendale.
Il progetto che riguarda lo Smart Working va corredato da una serie di interventi e politiche che riguardano:
– La partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. Il lavoratore non deve sentirsi isolato quando lavora fuori dall’ufficio, ma in un sistema di comunicazione che gli permetta di continuare a essere parte attiva dell’organizzazione. Occorre creare uno spazio virtuale di collegamenti che ricalchi quello fisico per il mantenimento delle relazioni.
– La gestione del lavoro da remoto. Sfatiamo la falsa credenza che il lavoro agile si possa svolgere solo a casa e solo full time. Ogni azienda in accordo con i propri lavoratori può decidere quante ore mensili o settimanali sono più adeguate per il proprio sistema. E’ possibile ad esempio stabilire accordi specifici e completi al 30%, 50% o 80% che prevedano organizzazioni e incentivi differenti. Questi modelli plurimi e misti di lavoro tradizionale – smart favoriscono un adeguamento graduale dei processi di lavoro e relazionali, sia per i manager che per i lavoratori. I risultati di questo approccio sono già stati misurati dall’Osservatorio del Politecnico.
– Il management del tempo, degli obiettivi e dei risultati. Il tempo di connessione e di disconnessione deve essere allineato al raggiungimento di risultati misurabili. Questo da un lato permette una gestione autonoma e responsabile del lavoro e dall’altro legittima la supervisione del manager, attraverso sistemi di misurazione e valutazione delle performance basate sui risultati e sui livelli di servizio.
– Il supporto del welfare aziendale. Le problematiche legate alla conciliazione vita privata – lavoro sono note alle imprese e sono già presenti piani di welfare, adeguatamente detassato, che non vengono applicati come si potrebbe. Una delle ragioni plausibili è che spesso la governance aziendale è maschile e a volte manca di sensibilità verso il mondo delle donne o delle esigenze della vita familiare.
– La formazione continua. La formazione è spesso vista come un’aggravante dell’attività quotidiana. Non è semplice trovare criteri di correlazione diretta tra i risultati della formazione e l’aumento della produttività. Questo elemento disincentiva una consapevole gestione strategica delle risorse umane, ovvero la visione sistemica per cui lo sviluppo aziendale è strettamente legato alla crescita delle persone. Negli ultimi anni la formazione è divenuta in gran parte gratuita grazie all’utilizzo dei Fondi Interprofessionali e ad altri strumenti di finanziamento a disposizione delle imprese, eppure questo canale è ancora di dubbio vantaggio per gli imprenditori.
– L’adeguamento informatico. La promozione dell’uso delle tecnologie digitali più innovative può diventare una leva per la trasformazione digitale dell’impresa e lo sviluppo delle conoscenze informatiche. L’esperienza che abbiamo appena attraversato può darci tutte le coordinate necessarie per capire di cosa ha bisogno l’azienda a livello digitale e favorire la creazione di un sistema virtuale efficace. Non mancano figure professionali in grado di creare o adattare strumenti informatici personalizzati alle necessità attuali.
– La razionalizzazione degli spazi e dei consumi. Il lavoro agile può essere svolto ovunque e l’azienda la destinazione degli spazi, ad esempio attraverso postazioni di coworking, per generare un risparmio dei costi fissi.
– I Contratti di prossimità. Attraverso la contrattazione collettiva decentrata è possibile strutturare un programma d’interventi condiviso tra azienda e lavoratori. La contrattazione deve attuarsi per garantire un ascolto delle esigenze reciproche tale da permettere d’individuare accordi efficaci che una volta sottoscritti possano tradursi in comportamenti costruttivi.
Questi sono solo alcuni degli elementi che devono essere parte di una struttura personalizzata e flessibile, perfettamente adeguata alle esigenze dell’impresa. Le resistenze da vincere sono ancora molte. L’Osservatorio del Politecnico ne cita alcune:
– mancanza d’interesse e resistenza da parte dei capi
– timore per la sicurezza dei dati
– attività poco digitalizzate/tecnologia inadeguata
– non consapevolezza dei benefici ottenuti
Nuovi paradigmi
E’ necessario creare un collegamento fluido tra le professioni per non escludere aspetti del problema che suscitano inerzia di fronte al cambiamento. Costruire reti inter/transdisciplinare di supporto agli imprenditori al fine di creare strategie aziendali complete e solide. Si prospetta un cambio di paradigma in termini di formazione all’imprenditorialità, che si può attuare con un dialogo tra professionisti specializzati in vari ambiti.
Occorre dall’altro lato ascoltare i lavoratori e i loro bisogni, per saperli rappresentare in appositi tavoli di lavoro capaci di stimolare collaborazioni tra le parti sociali, accordi sindacali e tutto ciò che è necessario per incentivare misure configurate di passaggio allo Smart Working.
Siamo all’interno di un’epoca storica caratterizzata da grandi conflittualità espresse dall’opposizione tra inevitabili cambiamenti e imponenti resistenze. Impossibile per i professionisti non prenderne parte. Abbiamo una responsabilità sociale da svolgere.
[1] Dati aggiornati a Ottobre 2019 Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano
[2] Cfr. Osservatorio Smart Working, Smart Working davvero: la fessibilità non basta, Ottobre 2019, Politecnico di Milano
Risorse
- Bibliografia e sitografia
● Domenico De Masi, “Smart Working: la rivoluzione del lavoro intelligente” Marsilio Nodi (2000)
● Valentina Nardi, “Smart Working: possiamo permetterci di non applicarlo? , in Il Consulente milleottantuno, Speciale Edizione Covid – 19, Giugno 2020 n.382 (v. Approfondimento)
● Nassim Nicholas Taleb,” Antifragile. Prosperare nel disordine”, Ed. Il Saggiatore, Collana La cultura, 2013
● Normativa italiana di riferimento, D.P.C.M. 1 marzo 2020:
https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/smart-working/Pagine/default.aspx